Archivio per marzo 2011

Pecore bresciane   Leave a comment

 

Vent’anni fa per andare da Brescia a Milano occorrevano un minimo di 43 minuti con i diretti e i primi Intercity con supplemento rapido.
Oggi Trenitalia non riesce a fare meglio di 46 minuti con il Frecciabianca nonostante il quadruplicamento della tratta da Milano a Treviglio.

Uno scherzo direte voi.
Niente affatto e non è finita qui.
In sostanza sull’intera Linea Milano Venezia il costo del biglietto dei Frecciabianca è da “TAV” senza che per nemmeno un km i treni viaggino più velocemente di una volta. Basta comparare l’attuale orario ferroviario con quello del 1970, per esempio.

Ma cosa è il Freccciabianca poi?
Si potrebbe definire un sunto di sprechi tutti italiani. Il locomotore è quello degli ETR 500, costruiti (e pagati) per fare i 320 km/h ma limitati ai 200, accoppiato a carrozze ridipinte dei vecchi intercity grigi che hanno almeno 20 anni e 200 all’ora come velocità massima di omologazione.

Con quale risultato?
Che per andare in treno da Milano a Brescia ci s’impiega di più che 40 anni fa però pagando oggi come per l’“alta velocità” (ben 23 € in 1° cl. per 80 km).
Questo a mio avviso si configura come reato di truffa da parte di Trenitalia in quanto si richiede un pagamento per un servizio (la rapidità) che non viene fornito.

Nessuno si ribella.
Tipico di noi pecoroni bresciani che siamo disposti a tollerare ogni vessazione, subire ogni angheria sborsando in silenzio anzichè affibbiare qualche sonoro epiteto a chiunque ci strombazzi il Frecciabianca.

L’uomo di paglia   Leave a comment

Sarà Mario Pescante a guidare il comitato promotore per la candidatura di Roma ai giochi olimpici del 2020.
L’età del personaggio ci dice molto, anzi forse tutto, della vicenda. Questo vecchio ex mezzofondista abruzzese, totem dello sport italiano, ha quasi 73 anni e ne compirà 82 giusto nel periodo dell’inaugurazione delle olimpiadi del 2020.

Chiaro che una persona di quest’età non sarebbe in grado di sostenere adeguatamente un compito come quello di organizzare dei giochi olimpici. Sia detto con tutto il rispetto per l’uomo.

Sapete cosa penso?
Le Olimpiadi a Roma sono un bluff.
Pescante è stato messo lì, dopo il rifiuto di Montezemolo, solo come uomo di paglia in una burla all’italiana.
A quale scopo?
Con l’evolversi esponenziale di drammatici avvenimenti mondiali personalmente dubito persino che si svolgeranno  i giochi londinesi nel 2012.

Quindi suppongo che la sceneggiatura delle olimpiadi a Roma sia stata approntata per giustifica l’annullamento di un altro grande evento già previsto: l’Expo atteso a Milano per il 2015. Secondo la tecnica psicologica in voga in questo paese del mal comune mezzo gaudio a scusare gli effetti della mancanza di risorse per i grandi eventi mediatici. A meno non si tratti di guerre, naturalmente.

La carica dei 50mila   Leave a comment

Come Roberto Maroni, politico che fa diretto riferimento agli USA aveva annunciato per tempo da Fabio Fazio, altro burattino americano, 50mila profughi giungeranno in Italia dal nordafrica e saranno sistematicamente distribuiti nelle varie regioni italiane.

Il numero di 50mila è del tutto inventato giacchè nessuno è in grado di valutare l’entità degli arrivi.
Anche nel senso che i profughi sono tutti maschi.
Col significato che una volta superati i rischi del viaggio in cattive condizioni una volta ottenuta una qualche forma di regolarizzazione,  costoro potranno comodamente ricongiungere la famiglia facendo arrivare donne e bambini in tutta sicurezza. La liquefazione istituzionale crescente nel Nordafrica rende le espulsioni problematiche.

Giorgio Napolitano ha immediatamente plaudito al piano di Maroni.
Del resto in ocasione delle celebrazioni del 150° aveva auspicato che ci vuole un nuovo cemento nazionale. Eccolo, la generazione coatta di un popolo italiano posticcio uniformato al consumismo esasperato cosparso con qualche briciolo di etica dei valori. La penisola trasformata in un immenso campo di rieducazione al modello nordamericano.

Forse anche Napolitano è un fido agente degli Stati Uniti. La plebe dimentica che l’attuale presiedente della repubblica italiana al tempo della durissima contrapposizione tra i blocchi durante la guerra fredda era l’unico alto dirigente del PCI ad  avere un visto permanente verso gli USA. Firmò la legge sull’immigrazione e da bravo galoppino volò a Washington quando il governo voleva la legge sulle intercettazioni. A rassicurare Obama che il provvedimento, inviso alla Casa Bianca, non sarebbe passato.

Che conclusioni trarre?
Che il fattore bellico è un pretesto poiché le persone che sbarcano a Lampedusa sono tunisini o di altre etnie africane poco o nulla toccate dagli eventi libici. In questo caso l’Italia è già come gli USA poiché nonostante gran parte dei cittadini sia contraria alla guerra, nei media solo sono  rappresentate le istanze di chi è favorevole, nella politica idem.

Questo blog si occupa però di trasporti su rotaia.
Lo stato italiano, a dispetto di Schengen, trattato creato per facilitare la migrazione intereuropea, cercherà di trattenere i profughi attraverso sussidi e ogni genere di prebenda. Non appena i primi 50mila saranno stati rilasciati dai campi d’accoglienza altrettanti li rimpiazzeranno  e così via.
Ancora una volta la domanda è:  a che settori saranno sottratte risorse per garantire l’integrazione dei neoitaliani?

Malpensa Express   Leave a comment

Il Malpensa Express è un treno che unisce la città di Milano con l’aeroporto intercontinentale di Malpensa 2000.
Questo collegamento, gestito dalle Ferrovie Nord Milano, è stato oggetto di numerose critiche nel corso degli anni in particolare per due motivi:

1. Durata del viaggio a causa della distanza dallo scalo da Milano

2. Partenza da Cadorna (Ferrovie Nord) anziché dalla stazione ferroviaria principale (Milano Centrale)

Con mia lieta sorpresa ho scoperto che alcune di queste gravi deficienze sono state attenuate. Dal 2010 il Malpensa Express parte anche dalla Stazione Centrale (da 40 a 52 minuti a seconda delle fermate) anche grazie al nuovo tunnel di Castellanza per cui i tempi di percorrenza sono stati ridotti,  ad esempio da Milano Cadorna i convogli diretti all’aeroporto impiegano da 29 a 38 minuti.

Ho letto che è in progetto di elevare la velocità massima sulla linea interessata da 140 a 160 km/h la qual cosa probabilmente consentirà di ridurre i tempi di altri 5 minuti.
Ma una volta innalzare la velocità commerciale a 160 km/h ulteriore riduzione dei tempi di percorrenza la si ottiene adottando treni tipo Pendolino, un’invenzione italiana, che possono correre molto velocemente su linee ferroviarie esistenti.

L’Unione Ferroviaria Internazionale (UIC) sconsiglia una velocità superiore ai 200 km/h su binari con passaggi a livello, stazioncine da attraversare ecc. come nel caso del Malpensa Express il quale segue le normali linee delle Ferrovie Nord tranne che nell’ultimo tratto dedicato. Comunque un treno diretto ad assetto variabile capace di viaggiare a 180 all’ora nelle tratte ove possibile potrebbe tranquillamente raggiungere l’aeroporto in 20° da Cadorna e in 30° da Centrale.

Ovvio che un tale progetto sarebbe fieramente osteggiato a livello centrale giacché, per decisione politica, è stato imposto che il solo hub italiano sia Fiumicino. L’italianità di Alitalia fu solo, infatti, un sotterfugio per tarpare le ali a Malpensa.

Tuttavia, mi si consenta di togliermi il classico sassolino dalla scarpa.
Solo in una regione di subnornali come la Lombardia si poteva concepire uno scalo intercontinentale senza attivare al contempo un adeguato e veloce collegamento su rotaia verso Milano nonchè verso l’altra metropoli, Torino via Novara.

Con il petrolio alle stelle, in Lombardia s’insiste ancora con BreBeMi, pedemontana, “corda molle”  e altre amenità d’asfalto mentre il Malpensa Express neanche collega il Terminal 2, ma solo il Terminal 1, nell’aeroporto della brughiera.
Capitali lo si è nel cervello molto più che nel portafogli.

Pubblicato 21 marzo 2011 da Albino Galuppini in Soldi Buttati

Piano straordinario 500 + 500   Leave a comment

In concomitanza con la celebrazione del 150° dell’unità d’Italia lancio una campagna detta 500 + 500 che ha come obiettivo la elettrificazione di 500 km di ferrovie a trazione termica e la riapertura di 500 km di linee in cui il servizio passeggeri è sospeso o soppresso.

Con quali criteri dovrebbero essere scelte queste tratte da riqualificare/elettrificare o riaprire:

  • Avere come terminale una città almeno capoluogo di provincia che sia anche un importante centro universitario in modo da raccogliere traffico nelle tre tipologie convenzionali A) lavoratori B) studenti delle scuole medie superiori C) studenti universitari.
  • Ferrovie che connettono due importanti assi ferroviari. Quindi che possono fare da interconnessione e collettore di traffico locale verso nodi rilevanti.
  • Ferrovie “di montagna” o che raggiungono zone relativamente isolate che possono concorrere con l’automobile in fatto di rapidità di spostamento, oltre a possedere spesso un valore aggiunto storico-paesaggistico.
  • Tratte a scartamento ordinario per l’”effetto rete”. Comporterebbe, in molti casi, severe complessità progettuali e costi enormi convertire una ferrovia da scartamento ridotto a scartamento ordinario.

Come ho già avuto modo di scrivere in post precedenti il sistema dei trasporti in Italia è sul ciglio di un profondo cambiamento dovuto essenzialmente a tre motivi:

1. Il declino irreversibile dell’industria automobilistica nazionale

2. L’incremento del prezzo del carburante fino a livelli insostenibili

3. Impoverimento crescente dei ceti sociali medi e bassi

Necessario pertanto varare un piano straordinario di mobilità sostenibile anche in presenza di difficoltà economiche.

Pubblicato 17 marzo 2011 da Albino Galuppini in Treno per Tutti

Il costo della TAV   Leave a comment

No, non mi riferisco al tanto criticato costo in miliardi di euro. Ma al prezzo che paghiamo per non avere costruito delle vere linee ad alta velocità ferroviaria.

Dietro i 300 all’ora sbandierati dai media esiste una realtà ben diversa. Tra Lavino e Bologna (ben 37 km sulla Milano Bologna AV) la velocità massima è limitata a 240 km/h e alimentazione a soli 3 Kv. Tra Milano e Novara il limite è 270  km/h sulla Torino Milano AV.

Non avrete letto su alcun giornale che l’Italia è l’unico paese importante al mondo ad avere aperto in tempi recenti nuove tratte TAV con velocità di marcia inferiori a 300 km/h. Sulla Direttissima Firenze Roma la velocità è di 250 km/h ma quella ferrovia fu aperta a tratte tra il 1977 e il 1992. Già appartiene a un’altra epoca.

Vero che la velocità commerciale sia massima dipende molto dalla tecnologia applicata e dal “rango” del materiale rotabile. Tuttavia, che senso ha spendere miliardi di euro per fare viaggiare i treni a 240 km/h? Quando all’estero diverse ferrovie veloci di recente entrata in esercizio ammettono i 320-350 km/h di velocità di crociera?

Ciò si riflette sulla velocità media da stazione a stazione che da noi è la più bassa tra i paesi che hanno i “300 all’ora”. Anche questo dai media è taciuto.

Se ci pensiamo bene “ecologisti” e No Tav non si sono mai realmente opposti alla realizzazione di tali opere ma solo preoccupati che il treno non andasse “troppo forte”.

L’obiettivo autentico dei No Tav, Verdi, Legambiente è probabilmente sempre stato sabotare il progetto dei treni veloci per fare gli interessi dei petrolieri che stanno dietro le vere quinte di questo pseudo ambientalismo. Gli “esteti” che si oppongono all’”eolico” in quanto “deturpa” il paesaggio! Il decollo dell’auto elettrica sempre rinviato che pure l’ultramiliardario Warren Buffett se ne accorto nella sua joint venture cinese.
L’immane potere finanziario dell’oro nero è in grado si soffocare per ora qualunque alternativa.

La prova banale di ciò la avete semplicemente constatando che per la costruzione di nuove autostrade, il cui impatto ambientale è enormemente superiore a una ferrovia, praticamente non esistono proteste di sorta.
Chiedetevi solamente il perché.

Pubblicato 15 marzo 2011 da Albino Galuppini in Dietro i NO TAV

Questione di scelte   Leave a comment

Mentre il mondo osservava sgomento il maremoto abbattersi sul Giappone a seguito del più forte terremoto che la storia nipponica ricordi al medesimo istante i governanti europei siglavano un patto per l’euro. Obbedienti ai loro referenti occulti i politici del vecchio continente ratificheranno solennemente il tutto il 24 – 25 marzo.

Il governo italiano gongola per avere ottenuto una fiscalità di vantaggio per il mezzogiorno d’Italia e che l’inserimento del debito privato sia valutato nella complessità della finanza di uno stato. Tradotto in soldoni per il sud dell’Italia, nulla cambierà poiché sommando assistenzialismo, finanziamenti a pioggia e sgravi tributari esso gode da sempre di una fiscalità agevolata. Invece cambia che i soldi dei privati depositati nelle banche italiane diventano una garanzia sulla quale lo stato potrà fare affidamento. I vostri soldi saranno un po’ meno vostri.

La competitività è una musa comparsa in tutto il suo splendore alla riunione, ma in buona sostanza, di che si tratta? Rendere l’Europa simile agli Stati Uniti: liberalizzazioni e privatizzazioni spinte, abolizione del valore legale dei titoli di studio, ordini professionali, licenze commerciali onde facilitare l’inserimento dei cittadini stranieri nel tessuto nazionale; riduzione all’osso dello stato sociale; abolizione i prepensionamenti anche per chi ha già interamente versato 40 anni di contribuzione; lavoro più flessibile ossia estensione del precariato a tutti i settori e a tutti i livelli.

Si fa un riferimento anche alle infrastrutture.
Ma qui la cosa si fa nebulosa: autostrade, centrali nucleari, ferrovie o la solita litania su sviluppo internet?
Quali saranno le scelte del governo e parlamento italiani, sarebbe interessante saperlo.

Pubblicato 12 marzo 2011 da Albino Galuppini in Dizionario Politichese-Italiano

Abbonamento per studenti   Leave a comment

Calano matricole e laureati all’università in Italia. Meno diplomati proseguono gli studi.

Pessimo segnale per un paese come questo che in un mondo sempre più competitivo dovrebbe puntare sulla qualità intellettuale del lavoro più che sui contenimento dei costi di produzione.

Giustamente, s’incolpa di ciò la crisi economica e la (demenziale) campagna mediatica atta a svilire l’importanza dei titoli di studio per trovare occupazione.

Mi ha incuriosito il commento a riguardo del rettore della Sapienza (Roma), tale Luigi Frati, il quale afferma che questo paese preferisce investire in comunità montane che in istruzione e ricerca.

Ora, rammenterò sommessamente a questo signore che l’Italia investe assai più in guerre che in comunità montane. Come i 2 milioni di euro che ci costa giornalmente l’avventura afgana con tutte le sue conseguenze inclusa quella di ammazzare civili inermi senza che mai afgano abbia minacciato la penisola. Per non citare i miliardi di euro che ci costano gli oltre cento aerei bombardieri JSF F-35 (110 nilioni di dollari a unità) di cui in un mondo globalizzato non sappiamo che farcene.
A chi dovremmo spezzare le reni? A San Marino forse?

Tornando al diritto allo studio, una volta c’erano gli abbonamenti ferroviari a prezzo politico per studenti il cui scopo era ridurre l’esborso scolastico per le famiglie e incrementare l’uso del mezzo pubblico.

Un’idea che stranamente non viene a nessuno, di ripristinare gli abbonamenti agevolati per studenti (e lavoratori) in questi tempi di crisi.

Pubblicato 9 marzo 2011 da Albino Galuppini in Lamentazioni Ferrate, Treno per Tutti

Un ponte tra due deserti   Leave a comment

Così lo scrittore Leonardo Sciascia ebbe a definire il ponte sullo stretto di Messina. È proprio la descrizione esatta, fotografia nitida del problema trasporti nel meridione.

Il Sud non ha bisogno del Ponte, né di nuove linee ferroviarie.
Bensì di riqualificare o elettrificare o raddoppiare un paio di migliaia di km di rete in esercizio o dismessa, il che significherebbe una drammatica velocizzazione del traffico.

Impresa dal costo astronomico, d’accordo.
Ma quanto sta costando il ponte sullo Stretto che neanche sappiamo se starà in piedi? Un viadotto a campata unica di 3300 metri in una delle zone più sismiche del mondo!

Mentre la ferrovia Jonica, ad esempio, che congiunge Taranto con Reggio Calabria, costeggiando l’intero mare Jonio, langue su un binario unico senza elettrificazione.

Però lo scopo dello Stato montesquieiano (si scrive così?) sembra non essere fare il bene dei suoi cittadini ma garantire la propria sopravvivenza.

Se conosceste qualcosa di geopolitica, sapreste che lo scopo degli stati e regimi è omologare la periferia (specie se riottosa) al centro dell’impero tramite la velocizzazione delle comunicazioni.
Un caso che mi viene in mente è quello del Tibet il quale, una volta occupato militarmente dalla Cina, fu normalizzato (ma non del tutto) grazie a una massiccia migrazione di popolazione di etnia cinese. La cosa fu ampiamente favorita dalla costruzione di un’apposita ferrovia.

Giulio Tremonti è andato a dire che nel Mezzogiorno “i moscerini sono più veloci dei treni”. Come se i meridionali non lo sapessero. Le sue dichiarazioni hanno unicamente scopo geopolitico, oltre che propagandistico, non di migliorare la rete ferroviaria di quelle regioni.

La ferrovia Jonica non va in direzione centripeta, perciò non interessa nessuno riqualificarla. Per questo le tratte TAV in esercizio hanno tutte direzione Roma e il motivo per il quale le ferrovie veloci Torino Lione e Milano Venezia soffrono di tanta opposizione “locale”.
In ugual modo il Ponte unisce la Sicilia al centro dello stato, attraverso il deserto.

Ferrovia Como Varese   Leave a comment

La ferrovia Como Varese è una linea chiusa dal 1966 nel suo tronco centrale da Grandate a Malnate. Non ho notizie sul motivo per il quale fu dismessa.

Si trattava addirittura di una ferrovia interamente elettrificata sin dal 1948 in gestione alle Ferrovie Nord Milano.

Avete letto bene?!
Una linea ferroviaria elettrificata fu chiusa nonostante collegasse due importanti città attraversando il cuore verde dell’Insubria.

Solo in una regione di ricchi scemi come la Lombardia poteva essere partorita un’idea tanto balorda.

Ma nei decenni le cose sono mutate.
Ora i due capoluoghi si spartiscono la sede dell’Università dell’Insubria, la qual cosa ha sicuramente incrementato il pendolarismo nell’area. Inoltre, l’invecchiamento della popolazione e le norme sempre più restrittive per il conseguimento della patente di guida incrementano l’uso dei mezzi pubblici.

Dal punto di vista tecnologico giova ricordare che oggi le stazioni possono essere automatizzate (“impresenziate”) contenendo i costi di esercizio.

La linea ferroviaria Como Varese va riaperta. E di volata!